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Il centro italiano

Il centro Italo-Russo per le ricerche su mass-media, cultura e comunicazione

Grappa italiana: al cuore... via stomaco (Rivista Enoteka, gennaio-febbraio 2008). Eugenia Selisceva

Se vi succede di regalare ad un italiano una bottiglia di vodka russa, quello la berrà sorseggiando dopo un abbondante pranzo domenicale – non più di 100 grammi alla volta. Sorseggiandola così, sarà sicuro di aiutare il suo stomaco a smaltire tutto quanto ha consumato prima. In Italia la vodka, per analogia con i liquori superalcolici e con la grappa, viene considerata un “digestivo”, in altre parole un mezzo per aiutare la digestione. Per verificare queste proprietà eupeptiche dei “digestivi”, abbiamo seguito il loro cammino verso il cuore italiano.

La saggezza popolare italiana dice: “con il cibo non si scherza”, “a tavola non ci si invecchia” e “ciò che mangi non è perduto”. Godendosi dello status di una vocazione nazionale, l’amore per il mangiar bene governa qui gli orari della vita quotidiana e si intreccia con le superstizioni. Nel pianeta Italia le persone “per bene” pranzano dall’una alle tre, le altre – in Macdonald’s. Il Nuovo anno qui non porterà fortuna se a mezzanotte, dopo la torta e lo champagne in conclusione del banchetto, non si mangia un po’ di lenticchie con il cotechino. Verso il mezzogiorno le casalinghe si mettono al telefono per sentire cosa desiderano per la cena i numerosi membri della famiglia impegnati nel guadagnare i soldi. Rendendosi conto della massima serietà dell’approccio, diventa comprensibile perché i businessmen italiani, recandosi in lunghi viaggi di lavoro, riempiano i loro bagagli a mano con la pasta e con i sughi di stretta necessità: così, la mancanza della casa sarà più sopportabile. Nella mentalità italiana il cibo è una “piccola” festa in mezzo alla routine quotidiana. Già di natura non tanto esigua, questa festa, durante il fine-settimana e nei giorni di ferie, diventa ancora più sostanziosa, il che rende la digestione uno dei problemi esistenziali. La digestione e la perseveranza della sua qualità è uno degli argomenti più presenti nelle conversazioni in ufficio, in autobus, in teatro… I problemi digestivi qui vengono risolti in maniera creativa, altro che una banale “Enterogermina”. In Italia esiste una vera para-farmacia, costituita dall’intero settore di produttori della grappa e di una parte dei liquori, cosiddetti “amari” o “digestivi”.

Alla ricerca della lunga vita

Approfondendo un po’ la storia della grappa ci rendiamo conto che questo distillato è stato scoperto nel Medioevo dagli alchimisti che cercavano il segreto della lunga vita e dell’”acqua della vita” (in italiano la parola “acquavite” finora significa il prodotto di distillazione di mosti, grano, frutta e si traduce in russo come “vodka”). Inizialmente la bevanda prodotta così veniva usata unicamente come medicina in quanto rinforzando l’organismo rallentava il processo di invecchiamento, mentre la sua prima apparizione sulla tavola da pranzo risale al XVI secolo. In questa nuova veste la grappa incomincia a diffondersi nella parte nord-est dell’Italia in vicinanza delle Alpi (anche se il suo luogo di “nascita”, secondo alcune fonti, sarebbe a Salerno), il che è abbastanza comprensibile dal punto di vista climatico: mica hai bisogno di riscaldarti in Sicilia! Il successo popolare ha danneggiato gravemente il prestigio della grappa nei tempi moderni: prodotta per decenni in maniera artigianale, è divenuta, da un’opera dell’alchimia, un analogo del russo “samogon” (vodka fatta in casa), conosciuto da tutti e amato da molti, ma privo di eleganza e di tenore aristocratico. Le autorità naturalmente perseguitavano gli artigiani di questo tipo: i pastori e i cacciatori dei pendii alpini non si preoccupavano più di tanto della qualità del prodotto. La grappa veniva torbida, giallina, e il suo pregio principale era il contenuto alcolico. Nessuno all’epoca parlava della digestione, l’importante era salvarsi dal freddo.

I liquori amari, almeno a prima vista, sembrano avere più a che fare con la digestione in quanto vengono prodotti con la base di piante a cui si attribuiscono particolarità medicinali. La corteccia di china, le foglie di cardo, cicoria, lichene marino, i fiori di dente di leone sono una piccola parte di una lunga lista di ingredienti che si combinano in ricette sofisticate dove si usano anche dei nomi rarissimi, conosciuti solo dagli erboristi e dai botanici e tenuti segreti dai produttori. Il ventaglio di queste bevande è estremamente largo, ma tutte quante sono amare di profumo e di sapore (alcune sembrano delle medicine vere e proprie), perciò dovrebbero favorire la secrezione gastrica.

Uno degli amari più diffusi è il Fernet Branca. Nella sua produzione, oltre ai soliti per questo genere di bevande ingredienti come la corteccia di china, si usano altre erbe e radici speciali (aloe, zafferano) spesso importate da altri paesi. La composizione completa del Fernet Branca è un segreto commerciale, come anche la storia di questo “digestivo” è piena di circostanze misteriose. È noto, per esempio, che fino alla metà del XIX secolo il Fernet si usava come medicinale contro il colera. Il suo nome invece risalerebbe all’espressione “fer net”, “ferro netto” in dialetto milanese: dicono che, per rendere il prodotto più trasparente, nelle botti di rovere, dove si trovavano già le miscele di erbe e l’alcol, immergevano un’asta rovente di ferro. La produzione di massa della bevanda è cominciata dal 1854 per l’iniziativa di un imprenditore milanese di nome Branca che ha indovinato nel Fernet un prodotto curioso che poteva avere successo. Probabilmente aveva capito già all’epoca: più misteri avvolgono le particolarità “medicinali” del liquore, più attrazione avrà.

Indicazioni per l’uso

Le dispute sul reale effetto dei “digestivi” non mancano tra gli stessi italiani – la polemica si svolge innanzitutto tra i produttori e i dietologi. Il direttore del Centro Studi Assaggiatori e l’autore di alcuni libri sulla grappa Luigi Odello attribuisce ad essa, come a qualsiasi altra bevanda alcolica, “qualche particolarità digestiva” causata dall’”azione generale sul sistema nervoso”:

Assunte in dosi moderate le bevande alcoliche inducono tranquillità, aumentano la secrezione gastrica e migliorano la motilità gastrointestinale. La grappa assume maggiore valenza digestiva quando è aggiunta di principi officinali: ruta, salvia, rabarbaro, peperoncino. In ogni caso la sua azione è enfatizzata dal momento e dal modo di consumo, normalmente a fine pasto, con un lento sorseggio che diventa compendio di una sana conversazione. Le due cose insieme sanno fare davvero miracoli.

Questa spiegazione sembra troppo “miracolosa” al nutrizionista e fondatore del Centro ricerche nutrizionali Mauro Destino che, con l’alcol, ha un approccio decisamente più scientifico e severo:

I cosiddetti “digestivi” sono un equivoco, anzi, una pericolosa leggenda. I liquori vari e la grappa sono prodotti a base di alcol il cui contenuto varia in una forbice compresa tra un minimo di 27% e massimi che superano talvolta abbondantemente i 40% nel caso dei distillati. Secondo me, l’equivoco sulle funzioni digestive è dovuto al fatto che esistono dei medicinali con azione digestiva a base alcolica denominati “amari digestivi”, ma la differenza sta nella percentuale: in questo caso l’alcol non supera mai il 10%. Per quanto riguarda le erbe officinali che si usano nella produzione delle bevande alcoliche è da chiarire che, anche in presenza di estratti da piante con proprietà eupeptiche la quantità di principio attivo non raggiunge nemmeno lontanamente la soglia di un’apprezzabile funzione terapeutica. Poi, nel caso del consumo eccessivo di questi prodotti noi otteniamo un effetto tutt’altro che positivo: bisogna ricordare che l’alcol etilico è anche un forte lesivo per la mucosa dello stomaco e per il fegato.

Abbiamo, insomma, una situazione già conosciuta dalle vivaci discussioni sul consumo della cioccolata, del caffè, del vino – ma anche di prodotti che ad occhio e croce sembrano assolutamente innocui. Certe volte le dichiarazioni scientifiche vengono travolte dalla pratica quotidiana, che non ha magari rigorose argomentazioni da proporre, ma espone un’altrettanto solida esperienza empirica. Alla fine dei conti, le reazioni dell’organismo sono talmente complesse che in alcuni casi conta pure l’effetto placebo che è capace di superare anche l’azione acidificante degli zuccheri o l’azione distruttiva dell’alcol etilico.

Sulla strada verso il cuore

Ma pensiamo alla grappa, non alla digestione! – esclama Elvio Bonollo che rappresenta la quarta generazione della più importante dinastia italiana dei produttori dell’”acqua della vita”. – Gli amatori di questo prodotto, pur attribuendoci alcune particolarità “curative”, non lo bevono solo per questo. Qui diventa molto importante l’aspetto psicologico, la socializzazione. Mandando giù un bicchierino dopo il pranzo, quando l’attenzione non si concentra più sul cibo, si ha modo di godersi dei momenti in famiglia o in compagnia di amici, momenti di pace strappati alle preoccupazioni della vita di ogni giorno. Nel bere la grappa sono importanti le sensazioni olfattive ed è bello condividerle apprezzando la pienezza aromatica del prodotto e commentando, tra amici, i profumi che si percepiscono. In questo la grappa si distingue dalla vodka che, in quanto distillato classico, deve rimanere pura e trasparente. Nella produzione della grappa invece, anche se si parla sempre dello stesso metodo di distillazione, si cerca di conservare la pienezza degli aromi estratti dalla vinaccia (pellicina di frutto con un po’ di polpa) che saranno diversi in funzione al tipo della pianta, alla tecnologia applicata e, naturalmente, alla fantasia del mastro distillatore.

Una simile presentazione della grappa, ancora una trentina d’anni fa, sembrerebbe pretestuosa se non ridicola. I produttori di oggi conducono una vera lotta contro il passato “oscuro” della grappa che un tempo veniva considerata come una torbida sostanza destinata a riscaldare fornendo calorie. Per fondere questa immagine in una forma nuova e renderla raffinata, ricercata ed elegante bisogna saper combinare la tecnologia con la tradizione e scegliere una giusta strategia commerciale. Uno degli elementi di essa è proprio la promozione della grappa come “digestivo di meditazione”.

La difficoltà della produzione dell’acquavite consiste nel trattamento della materia prima, solitamente vinaccia, mentre la qualità finale del prodotto dipende molto dall’esperienza e dalla creatività del mastro distillatore. Il materiale vinicolo si rovina facilmente, ma il mastro distillatore deve saper conservare la freschezza aromatica fino al momento del suo arrivo nell’alambicco: solo così si potranno “estrarre” gli aromi per comporne poi un bouquet irripetibile, a patto che si riesca a non “bruciare” il materiale. Gli intrecci degli alambicchi discontinui che compongono insieme il complesso di distillazione offrono un’immagine pittoresca che si riallaccia all’alchimia sia sul piano visuale sia nel senso della “miracolosa” combinazione della tecnologia con la fantasia: come affermano gli specialisti, la scelta cosciente e l’uso corretto di ogni alambicco (la stessa azienda Bonollo impiega, insieme agli impianti moderni, anche quelli “storici”) si imparano solo con una lunga pratica e con una buona conoscenza delle particolarità di ogni vitigno: chardonnay, moscato, cabernet, pinot, prosecco… Si dice che dal sapore del vino si può riconoscere il vitigno che l’ha dato: il sapore della grappa fa indovinare il nome della persona che l’ha creata. La tecnologia si complica ancora di più con il passaggio dalla grappa giovane a quella invecchiata, destinata ad assorbire anche gli aromi del rovere o del frassino (acquisendo così dei riflessi di miele e una particolare morbidezza in bocca), e soprattutto con il mescolamento della vinaccia di vitigni diversi che caratterizza la produzione delle cosiddette grappe “blend”.

Noi insistiamo sull’immagine della grappa come bevanda con una filosofia complessa che esige dal consumatore un attento interesse e un palato fine, - spiega Elvio Bonollo. – Il livello della “complessità” della grappa dipende dal suo tipo: quella giovane è comprensibile anche dai “principianti”, mentre quelle invecchiate o blend sono indirizzate piuttosto agli amatori con esperienza. In ogni caso, le vendite degli ultimi anni hanno dimostrato che questo prodotto ha un grande potenziale: la grappa ha già trovato una sua nicchia nel mercato dei superalcolici e, grazie ad un ampio ventaglio di aromi, attira i clienti più vari. Con una certa sorpresa abbiamo scoperto che la grappa ha successo anche tra i giovani di 25-30 anni, anche se solitamente la nuova generazione preferisce birra e cocktail, bevande di tutt’altro livello. I consumatori della grappa in media hanno un livello culturale abbastanza elevato e una certa posizione economica. L’anno scorso le vendite del nostro prodotto più raffinato in questo momento, la grappa invecchiata Of Amarone Barrique, a base del vitigno friulano Amarone, sono cresciute del 50%, anche se i canali della sua distribuzione sono solo ristoranti d’elite, hotel, migliori enoteche… Questo dato ci conferma che abbiamo individuato la nostra clientela.

Poi, la grappa ha molte prospettive anche nel senso geografico. Al momento attuale circa l’80% del prodotto è dedicato al mercato nazionale, sempre tenendo presente le specificità regionali: nel centro e a sud la grappa sta avendo successo solo da qualche anno. Ed è anche normale, visto che storicamente questo prodotto è legato alle Alpi, mentre il Sud ha delle tradizioni più orientali che inducono ad usare le spezie più delle erbe. Effettivamente, ancora poco tempo fa i meridionali erano per noi quasi un cliente straniero, come gli abitanti della Svizzera, del Belgio, o della Germania dove si distribuisce il restante 20%.

Sembra che prossimamente la grappa proverà ad arrivare anche al cuore russo, passando, in quanto digestivo, anche per lo stomaco. Ma anche se le sue particolarità medicinali non saranno che una leggenda, speriamo che essa porterà nella realtà russa un po’ di calore solare, un po’ di miracolosa capacità italiana di godere di un aroma o di un sapore che si disperde in un solo attimo, la capacità di conservarlo dentro e nutrire così la voglia di attività, di scoperta, di vita. Come dice la saggezza popolare, la vita è troppo corta per bere un vino cattivo.